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Templi, religione e politica nella repubblica romana

Il successo e il buon funzionamento della Repubblica Romana dipendevano da un attento bilanciamento degli interessi dell’individuo e di quelli della Repubblica. Da un lato lo Stato dipendeva dai risultati lavorativi dei singoli romani che garantivano la sua sicurezza e prosperità, dall’altro il Senato doveva mantenere il controllo sugli affari di Stato. Era essenziale creare meccanismi in modo che i singoli generali intraprendessero azioni che servissero ai migliori interessi dello Stato, e non solo i loro interessi. Affinché il sistema funzionasse correttamente, il Senato doveva lasciare spazio sufficiente per l’iniziativa individuale da cui dipendeva lo Stato, mantenendo allo stesso tempo l’autorità generale per la direzione degli affari a Roma. Da questo punto di vista, sebbene il sistema non si sia incrinato fino alla tarda repubblica, ci sono stati frequenti ripetizioni di problemi e tensioni costanti fin dai primi periodi, e il Senato ha dovuto tentare ininterrottamente di tenere a freno i suoi magistrati che cercavano costantemente la propria gloria anche a spese dello Stato. Ciò che è notevole non sono le tensioni degli ultimi cento anni della Repubblica, ma piuttosto il fatto che il sistema ha funzionato senza intoppi e con solo piccoli aggiustamenti per oltre quattrocento anni.

Come ha funzionato? In che modo il Senato è stato in grado di mantenere il controllo richiesto degli affari politici mentre i generali erano in grado di ottenere una quantità sufficiente di gloria per soddisfare i loro bisogni? Come si è conciliata l’iniziativa individuale con la supervisione statale a vantaggio di entrambe le parti? Queste domande sono essenziali per una corretta comprensione del funzionamento dello Stato romano, ma devono essere analizzate a fondo.

Il presente studio tenterà di rispondere a queste domande attraverso un’indagine sulla religione romana, e in particolare mediante un’analisi del processo attraverso il quale i nuovi templi furono scelti, costruiti e consacrati nella Roma repubblicana. Lo stretto legame tra la religione e lo Stato a Roma offre una ragione per seguire questa linea di approccio.

Lo scopo principale della religione di stato era di salvaguardare la ‘pax deorum’ (il favore degli dèi) e quindi di garantire la sicurezza e prosperità della comunità. Per loro stessa natura, quindi, le azioni religiose avevano sfumature politiche. Il Senato, in quanto guardiano dello Stato, esercitava una stretta supervisione delle questioni religiose, che includevano il riconoscimento e la gestione dei prodigi, la risoluzione di controversie riguardanti questioni sacre e, occasionalmente, l’introduzione o la soppressione di nuovi culti. Tuttavia, per quanto riguarda l’introduzione di nuovi culti e la costruzione di nuovi templi, l’iniziativa di solito era individuale: infatti “una sola persona potrebbe offrire un tempio pubblico come voto ad una divinità, individuare il luogo di costruzione e dedicarlo senza consultare il popolo o il Senato”. Questa affermazione porta direttamente alla conclusione che il tempio protesse essere fondato completamente al di fuori del controllo dello Stato romano. Da questo punto di vista, la costruzione dei templi ha svolto un ruolo fondamentale nella competizione aristocratica a Roma, poiché i generali trionfanti cercavano di promuoversi costruendo monumenti dedicati alle loro campagne militari. Eppure, questa posizione implica che, nonostante il suo controllo su altre forme della religione romana, il Senato aveva poco o nessun controllo sull’aspetto forse più importante: la decisione di quali divinità dovessero essere adorate pubblicamente. Un generale avrebbe potuto far un voto e costruire un tempio a una divinità di sua scelta, e quindi potenzialmente aggiungere un nuovo dio al pantheon romano, senza consultare il Senato.  

Questo studio isola e analizza le normali procedure con cui furono costruiti i templi pubblici a Roma, al fine di comprendere meglio come il Senato interagiva con i suoi magistrati e, occasionalmente, con altri Stati.

Era possibile che esistessero culti a Roma al di fuori della religione ufficiale di Stato per conto di singoli uomini o famiglie. Tali culti privati includevano divinità che non erano state ufficialmente accolte a Roma come parte della religione di Stato, ma erano state introdotte da mercanti, soldati o altri che avrebbero potuto trascorrere del tempo all’estero.       

Molte delle prove per la costruzione di nuovi templi durante la Repubblica sono fornite da Livio nei suoi riassunti degli eventi religiosi di un dato anno. Anche se dobbiamo essere consapevoli del ricamo o delle interpretazioni errate di Livio, il suo uso dei registri sacerdotali di solito fornisce dettagli sufficienti per permetterci di analizzare le circostanze e le procedure per l’erezione di nuovi templi.

Il processo effettivo di costruzione di un nuovo tempio a Roma può essere suddiviso in diverse fasi distinte e questo studio tratterà, in ordine, di ogni fase.

Il primo passo nel processo attraverso il quale nuovi templi furono costruiti a Roma, è il farne voto ad una divinità, e questo ci porta direttamente a una discussione sul rapporto tra l’individuo e la comunità. 

Esistevano due possibilità per il voto di un nuovo tempio. Come già accennato, lo scenario più comune era quello di un generale romano in campagna che prometteva ad un dio un tempio in cambio del successo militare. In un numero minore di casi, lo stesso Senato, su consiglio dei Libri Sibillini, ordinava che fosse costruito un tempio per una particolare divinità.

La costruzione effettiva del tempio occupava la fase successiva del processo. Molti studiosi moderni hanno supposto che i generali vittoriosi usassero il bottino delle loro campagne, nell’ambito della mania di grandezza, per finanziare la costruzione dei templi che avevano dedicato ad una divinità. Un riesame delle prove rivela che questa può essere l’eccezione piuttosto che la regola, e che i finanziamenti possono essere spesso giunti attraverso il Senato.

Il passaggio finale per l’aggiunta di un nuovo tempio al sistema religioso romano era una dedica. La dedica era una cerimonia festosa, eseguita da un solo uomo e spesso accompagnata da giochi, che forniva un’eccellente opportunità per un aristocratico romano di pubblicizzare il suo nome e le sue realizzazioni.

Le dediche di nuovi templi venivano spesso emessi senza previa consultazione né del Senato né dei collegi sacerdotali, nonostante l’erezione di un nuovo tempio potesse portare un culto completamente nuovo nel sistema religioso romano.

In primo luogo, perché il Senato attraverso il suo coinvolgimento attivo nella costruzione e nella dedicazione dei templi possedeva un controllo sufficiente sul processo. In secondo luogo, e in modo più significativo, il controllo senatorio completo non era richiesto a causa della fiducia reciproca tra Senato e magistrati. I magistrati sapevano che tipo di azioni sarebbero state accettabili per il Senato e volevano l’approvazione del Senato sia per quelle azioni che per promuovere la propria carriera.

I mezzi con cui i romani eressero nuovi templi gettano così una luce importante sul rapporto tra iniziativa individuale e responsabilità collettiva nella Roma repubblicana.

Orlin, E. M.(2002) Temples, religion and politics in the roman republic, Brill Academic Publisher Inc., Boston, 1-9.

Liceo Linguistico“ G.M. Galanti”, Campobasso, PCTO 2020-2021, classe IV F, alunne Colatruglio Lara e Mignogna Noemi